Dagli annali del Collegio di Napoli per l’anno 1610

 

2° Oratorio degli schiavi 

Quest’anno ancora s’è adhibito un oratorio in questo collegio per aggiuto delli schiavi turchi et mori. De quali ogni anno se ne sogliono battizzare molti ancorché s’habbi gran difficoltà in disingannarli dal errore in che vivono dicendo la lor lege defendere con l’arme, e non con raggione, e perciò sogliono restare più ostinati dopo haverli parlato che prima, onde per poter tirare questa misera gente alla nostra fede e poi ritata instruirla a vivere christianamente, ha pigliata questa impresa un padre de nostri con fare un oratorio, nel quale non solo si aggiutano i schiavi ma anche quelli che hanno cura condurli. Questi sono alcuni arteggiani di età matura e buona vita, che pregati dal nostro padre d’hanno pigliato questo carico di condurre le feste dopo pranzo gli schiavi nel collegio, ciscuno quelli del suo quartiero. Ha questo oratorio li suoi officiali, constitutioni e regole che riescono in prattica per eccellenza, per esser raccolte da lunga esperienza. Né poco giovamento v’aggiunge un nostro fratello scolaro alla conversione di queste anime, per saper la lingua turchesca o moresca, essendo stato sei anni in mano dei turchi fanciullo per opera del quale ha convertiti Dio tra l’altri dui ciechi, uno di 60 anni che era stato schiavo 40 sempre ostinato nella setta maomettana. Questi, incontrato per strada da detto fratello e riconosciuto esser turco, l’incominciò a parlar per ridurlo alla nostra fede, nulla, per allora, facendo, perché rispondeva ogn’uno nella sua legge potersi salvare. Ma non troppo tempo dopo toccò il schiavo da Dio venne da se stesso in collegio e buttatosi ai piedi del nostro fratello lo preghò volesse battezzarlo. Et essendo istrutto sufficientemente nelle cose della fede fu battezzato chiamandosi Thomaso, et hora persevera con molta edificatione frequentando i Santi Sacramenti procurando illuminare molti altri turchi e mori nell’anima. 

Maraviglioso anche fu la conversione dell’altro ciecho il quale andando con un altro schiavo anche ciecho, cercando la limosina incontrossi col nostro fratello, il quale conosciutolo nel parlare esser turchi gli incominciò a parlare del errore in che viveva nella lor lingua. Né perciò si mosse punto. Lo fece venir in collegio per farli fare l’elemosina, dove li diede un altro assalto, tanto con le carezze, come con efficaci raggioni. Il tutto fu vano. Stando egli ostinato come anche il suo compagno, che era pure turcho, più di prima. Non troppo di poi ambe dui hebbero occasione di imbarcarsi e andarsene al lor paese. E mentre questi stava per imbarcarsi illuminato, come si crede da Dio, gridò ad alta voce non volersi imbarcare, ma volersi far christiano per salvarsi l’anima. Andatosene il compagno, venne egli al collegio per abbandonare il battesmo, il quale prese dopo esser stato sufficientemente instrutto delle cose necessarie chiamandosi Francesco. Ecc’arrivato a tanta perfetione che venendo ogni giorno di mattino nella nostra chiesa vi spende da due hore in circa a fare oratione, et ascoltar messe communicandosi i giorni di festa con gran divotione e sentimento, che è cosa di grande edificatione. Et unitosi con Thomaso che di sopra havevo fatto mentione, fanno a gara a chi può più tirare altri turchi alla nostra santa fede. 

Si convertì anche una donna mora, la quale stando gravemente inferma mandò il suo Padrone a chiamarsi il nostro fratello, forse parlandoli con la sua lingua natia la convertisse. Ma havendoli molto parlato nulla faceva. Fecero chiamare per non abbandonarla stando vicina alla morte un’altra donna mora dell’istesso paese che si voleva fare christiana. Questa li parlò con tanta efficacia e spirito che quello non havea potuto fare il nostro fratello, fece ella. Et così si battezò la moribonda et un’altra mora anche moribonda per mezzo dell’istessa convertita, e si chiamò l’una et l’altra Maria. L’una de quali dopo 4 giorni, l’altra dopo otto che battezzate furono, passorno all’altra vita. 

Uno altro Turcho che era stato 40 anni ostinato nella sua legge fu convertito da Dio in un modo [f. 134v] maraviglioso. 

Perché non movendosi egli per li raggionamenti et esortationi tante volte fattegli dal nostro fratello nel suo linguaggio, gli manda Dio una infermità nella quale havendolo ritrovato il nostro fratello e parlatoli delle cose dell’altra vita particolarmente delle pene apparecchiate a cattivi, si mosse a farsi christiano et aggravandosi il male fu mandato dal suo padrone all’ospedale de padri di Giovanni di Dio, dove di nuovo visitato promesse al nostro fratello volersi fare christiano e chiamarsi Gennaro, et intravedendo nelle cose della fede li parve per non esser sì grave il male differire il battesimo permettendolo ciò Dio acciò quell’anima immediatamente dopo battezzata se ne volasse al cielo. Perché la notte roppendosi una vena nel petto non potendo parlare fe tanto strepito con le mani, dando segno a quelli della guardia dell’hospitale volersi battezzare, quali forse dubitando quelle non esser segno di battesimo ma di dolori, li dissero se si voleva battezare come havea promesso al padre gesuita, e se ciò voleva per segno nominare Giesù. Egli non potendo per il sangue altro parlare disse miracolosamente come si crede Giesù. Lo battezorno e subito battezzato spirò. 

Grande è stata la conversione di quello, ma molto più grande e straordinaria quella con la quale si convertì un turco sessagenario non meno ostinato che dotto et erudito della legge maomettana e dell’Alcorano, il quale non solo non ascoltava le raggioni dette dal nostro fratello, ma neppure il voleva vedere, dicendo che ingannava i poveri schiavi. 

Fe anche Dio che egli si ammalasse e condotto nell’hospidale dell’incurabili, quivi più ostinato che mai dispreggiava le esortationi e raggioni che da padri ministri degli infermi e da nostri, e in particolare dal nostro fratello che sapea la lingua, gl’erano addotte per farsi christiano, otturandosi alle volte l’orecchie per non sentirle, né sapea dir altro che: "non voglio farmi". 

Mutata la piacevolezza del nostro fratello in rigore li minacciava le pene dell’inferno chiamandolo indegno delo battesimo, dignissimo del foco eterno. Mentre ciò diceva passò il medico che andava medicando con una candela in mano, quale presa dal nostro fratello l’accostò alla mano del turco, il quale non potendo sopportar l’ardore tirava a sé la mano. Per il che soggiunse il nostro fratello: "non puoi sopportare questo pocho di fuoco, come potrai stare con tutta l’anima e corpo nel foco dell’inferno tutta l’eternità, al quale presto hai d’andare?". Mosso da questo chiede il battesimo e da lì a dodeci hore basciando il crocifisso morì per vivere nel cielo. 

Né è da passar sotto silentio la conversione di un altro turco condannato a morte, al quale andò il nostro fratello e per il primo giorno restò ostinatissimo; il secondo mostrò qualche buona dispositione, alla fine mosso dalla divina gratia disse volersi fare christiano con questo patto che si prolungassero 15 dì di vita. 

Avvisato dal nostro fratello che non muovesse a battezzar per questo, ma per amor di Christo e per sua salute, che egli di poi havrebbe visto che si poteva fare, si battezzò, e quel che prima cercava 15 dì di tempo li pareva ogni hora mille anni a morire, e con maraviglia di tutti pregava si eseguisse presto la giustitia, conoscendo per i suoi peccati esser meritevole non solo di quella morte, ma dell’eterna ancora, e voltantosi al compagno che era con lui condennato, l’inanimava alla morte. Alla fine allegramente morì servendoli la forcha per schala a salir al cielo. 

In oltre poi si sono convertiti di quei che vengono all’oratorio più di 60 e se è da notare che questi turchi sono stati esortati a raccomandarsi alla Madonna innanzi il battesimo, nessuno è morto senza battesmo. 

3° Galere 

Si sono fatte molte missioni alle galere nelle quali s’è fatto molto frutto con la gratia del Signore con prediche, confessioni et altri esercitii di dottrina christiana, aggiutando anchora sino a Turchi che stanno in quelle con altri mori per mezo del nostro fratello che sa la lor lingua. E s’è vista qualche reformatione et emendatione da tante biasteme, et enormi peccati che in tal luogo si sogliono commettere.

[f. 135r

4° Carceri 

 Per gratia del signore quest’anno s’è fatto un frutto notabile per opra de nostri nelle carceri della Vicheria, nelle quali radunandosi tutti i carcerati criminali del regno vi stanno di continuo settecento carcerati in circa. La meglior parte per delitti criminali, et enormi, sì che si può dire tal luoco ritratto vivo dell’inferno, dove ad altro non s’attendeva, che a giuochi d’ogni sorte prohibiti, e non prohibiti, a biasteme, carnalità, furti tra di loro medesimi, risse, inimicitie, usure et altre sorte d’enormi peccati che per modestia si tacciono, e quali si possono fare da tal sorte di persone e quel che più importa è che erano persone habituate in simili enormità, non solo per quello che hanno fatto mentre erano liberi, ma per quello tempo stesso che in carcere sono stati, essendovi tra questi assai che sono stati carcerati decine d’anni, et altri condennati in carcere perpetua. Et non solo per il passato vi era frequenza di sacramenti o al meno nei tempi stabilita da chiesa santa una volta l’anno nella Pascha, ma se alcuno voleva fare officio di christiano in simil tempo, o qualch’altra opera buona in altro tempo, era beffeggiato et schernito da quei che le parti di satanasso tenevano, e quantunque la reggia corte habbi provisto d’una messa al giorno in tal luoco, pochissimi erano coloro che non dico i dì feriali, ma né pure nei festivi l’ascoltavano. Questo era il stato di tanta misera gente più prigioniera dell’horribil tiranno dell’inferno che della giustitia terrena; quando, mosso a misericordia quel benignissimo padre di tutti, qual vuole che tutti si salvino, dispose ch’alcuni di nostri, avvertiti di sì miserevole e deplorabil stato, in virtù di quel Giesù, sotto la cui militia stanno, si diedero animo à pigliare sì generosa impresa e disciogliere tante anime dal tirannico giogo di satanasso, per il che, parlato con i signori magistrati, et col signor Cardinale, cominciorno a porre in opra l’arme potenti de santi minesteri della Compagnia, le prediche, e specialmente de novissimi venturi, dottrine, confessioni, et altro pij essercitij, con i quali si fè qualche cosa ma non senza grande resistenza del nostro inimico, mentre che tal odio suggeriva nell’animi di quei meschini verso i nostri, che non vi mancò chi di cuore dicesse, ch’altro gusto non havrebbe havuto che di uccidere uno di noi; si ferno molte confessioni in quei prinicpij, tra le quali vi ne ferno alcune generali, e specialmente d’alcuni capi di banditi; et perché una tal opra era gran serviggio di Dio si fusse seguitata per il gran frutto se ne vedeva, si è procurata di stabilirla per sempre con fundare dentro dette carceri in una stanza molto capace un oratorio sotto la protettione della Beata Vergine del Carmine, la cui imagine è già eretta con molto honore et ornamento; et anco tal opera fusse accorsata perché molti erano renitenti a venirvi, parendoli forse troppo disparati estremi, menar una vita licentiosa e libera, e vivere ritiratamente in essercitij di devotione nell’oratorio; s’instituirono per tre giorni festivi le 40 hore, dove molto dei nostri padri concorsero a far essortationi, e confessare, né vi mancò in tal celebrità tra quella barbara gente chi con extraordinari modi attendesse all’essercitj di mortificatione, e maceratione della carne, speati(?) dall’esempio di un nostro fratello, quale doppo essersi fatta un’essortatione da un Padre de nostri avanti il santissimo sacramento, dov’era radunata quasi tutta la gente delle carceri, et havendo fatta molta motione per il spirito e fervore con che disse, uscì il detto nostro fratello alla presenza di tutti disciplinandosi, mosse in maniera quei ostinati peccatori, che finita egli la disciplina molti a gar corsero per fare il simile ancor loro, il che essendo stato permesso ad alcuni, il fecero con grande sentimento, et lacrime, fra i quali uscì uno che molto tempo era non s’era confessato, e dopo finita la disciplina andò tremando, e piangendo a buttarsi ai piedi d’un de nostri pregandolo il volesse [f. 155v] aggiutare a liberare dalle mani del demonio, chiedendo di confessarsi e si confessò con molto dolore et lacrime. Doppo questo uscì a disciplinarsi un altro caso di banditi che molt’anni havea armato in Camp.a, quale spogliato dalla cintura in su alla nuda, dopo essersi prostrato in terra nel cospetto di tutti cominciò a battersi in molte lacrime, e gran sentimento, dicendo le seguenti parole: Signor mio t’offerisco queste battiture per la conversione dell’ostinati peccatori, qual attione fè restare tutti i circostanti pieni non meno di compuntione che di meraviglia. Con questi buoni principi si diè principio al detto oratorio, ove son stati eletti l’officiali, cioè il prefetto, secretario, maestro de noviti e decurioni, à quali sono state fate le loro regole, et anche assignati l’essercitj che hanno da fare quotidianamente, et hanno da fare osservare a tutti coloro che vi verranno, e in comune si ritirano ogni dì per un’hora et mezza alla detta stanza, dove prima si canta l’officio con molta devotione alla Beatissima Vergine, e doppo s’attende a fare l’essercitij stabiliti variamente per ciascun giorno. Il lunedì si impara la dottrina cristiana a quei poveri et altri ignoranti che perciò sono stati assegnati alcuni che lasanno, et in particolare i maestro de novitij, il quale ha cura particolare d’insegnare quei che vogliono entrare all’oratorio, e non sanno la dottrina, né si ricevino prima che sappino. La sera poi al tardi si dicono le litanie della Madonna cantate con molta divotione, dopo le quali da tutti si fa un 4° esame di coscienza, e questo è commune essercitio per tutti i giorni. Il martedì si legge una vita d’un santo, o altro libro spirituale a proposito loro, con fare per un 4° e più d’oratione mentale con l’officio della Madonna, e il solito essame. Il mercordì vanno nelle carceri alcuni fratelli dell’oratorij del collegio, e dopo haver cantate alcune canzoni spirituali fanno loro la dottrina christiana facendo una processione per tutte le carceri, acciò si raccogli la gente. Il giovedì si repete quel che s’è imparato della dottrina con l’altre cose ordinarie. Il venerdì si canta l’officio per l’anime dei defonti, et in quest’anno ne venerdì di marzo s’è cominciato ad introdurre la disciplina generale per tutti dentro la detta stanza, nella quale si sta al buio, ma con molti lumi nel’altare in mezzo del quale vi è un ecce homo. Si medita per un 4° qualche passo principale della Passione e dopo smorzati tutti i lumi si intona il Miserere, e si battono da 50 alla volta, stando l’altri ritirati da parte, e sono tanti i pianti e sospiri accompagnati con voci di pentimento, che è da lodare colui senza del quale niente di ciò si farebbe. Si lascierà instituito con sì fervoroso principio che si facci per tutti i venerdì dell’anno la disciplina. Il sabbato si legge qualche cosa della vita con un miracolo della Madonna, facendo anco per una buona pezza oratione mentale, e gl’altri essercitj dei giorni ordinari. La domenica vi vanno dopo pranzo due nostri fratelli scolari, uno dei quali attende all’oratorio dando penitenze per i mancamenti commessi, e negligenze usate nel frequentare l’esserciti ordinari fra la settimana, facendo anco dell’essortationi e conferenze alternatamente come si suole fare nell’oratori. l’altro se ne va per tutte le carceri radunando la gente che non va all’oratorio appresso d’un crocifisso, et radunati, cominciando ad insegnare la dottrina christiana con dechiararli le cose più necessarie et importanti, dandoli il modo come l’habbino a pratticare per essere buoni christiani, com’ancora in che maniera si debbano apparecchiare ai santi sacramenti della confessione e communione, e dopo questo fatto un breve raggionamento o della passione, o dell’infelice stato del peccatore, o di qualche cosa dell’altra vita, o qual si voglia altra appartenente alla detestatione del peccato et all’amore della virtù conduce tutta quella gente all’oratorio, et ivi in presenza della Madonna Santissima fà che faccino atto di contritione, et odio di vero cuore delli peccati di tutta la vita passata con un proposito di non tornare a peccare più con la gratia di Dio, e fatto insienemente un poco d’oratione per l’ostinati peccatori si lasciano con la beneditione del Signore e se ne ritornano a Casa. [...]

[MS] Roma, Archivum Romanum Societatis Iesu, Neap. , Neap. 72, ff. 134r-141v

Year

1610

About the converted

Converted people: 1

The conversion

Year: 1610

Bibliography

Emanuele Colombo, “Infidels” at Home Jesuits and Muslim Slaves in Seventeenth-Century Naples and Spain, «Journal of Jesuit Studies», 1, 2014, pp. 192-211: 202.

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