RACCONTO DELLA PRODIGIOSA CONVERSIONE DI UN MAOMETTANO ALLA SANTA FEDE CATTOLICA

Che sieno sempre ammirabili della divina trionfatrice Grazia i gloriosi trionfi sopra le anime ancora de’ Peccatori, e degl’Infedeli, nello entrarle dall’enormità più esecrante, e dalle formidabili tenebre, riducendole alla vera luce Evangelica, può farne presentemente ampia testimonianza Ismail Bascià Serdar Agà illustre neofito venuto dal Maomettismo al grembo della S. Chiesa Cattolica. 

In Costantinopoli egli nacque da Abdollà Ciavise, e da Ruchè figlia già d’un cristiano da Scio di casa Psiaci, schiava, e poi turca, e moglie dello stesso Abdollà. Venuto a Scio co’ suoi genitori vi fu educato fino all’età di venti anni. Morta Rachè si trasferì Abdollà col carico di Ciavisc Bascià comandante a Napoli di Romania sotto il capitan Bascià Generale del regno di Morea, e Ismaello dopo alcuni anni fu fatto Serdar Agà e Governatore e Comandante della Città di Corinto, e della sua milizia, e del suo territorio con paga di giannizzero, e d’Agà de’ Giannizzeri; ove possedeva palazzi, e molte campagne, e ricchezze di qualcunque sorta. Ebbe moglie, che oggi pur vive, e di sua numerosa figliolanza avuta due sole figlie sopravvivano, essendo la minore di sette anni. 

Nell’anno 1733 a ore 3 di notte 3 maggio restò da fiero improvviso accidente apopletico in tale maniera sorpreso, che da campo a piedi si seccò tutta la banda dritta, e la testa dal collo si storse alla spalla del medesimo lato. Furono così strani gli effetti del grave colpo, che due denti davanti gli caddero, e ciascuno ajuto, ed ogni arte [f. 2] de’ Cerusici invano si adoperò pello spazio richiesto di cinque mesi, quando l’Altissimo, che non lascia di fare sperimentare anco agl’Infedeli la sua Onnipotenza, e la sua misericordia inviò a consolar questo Infermo il gran Taumaturgo e glorissimo Santo Spiridione Arcivescovo di Corfù. 

Intorno a due ore di notte 21 settembre dell’anno suddetto giacendo Ismaello tra’ suoi soliti ed ostinati dolori, e travaglio senza poter maneggiare il suo corpo, o rivolgerlo da una parte all’altra, se non alquanto coll’aiuto della mano sinistra per via d’una fune sospesa dalla soffitta di camera, videsi apparire innanzi un Caloiro, o sia Vescovo Greco di venerabile faccia, e pendente al color bruno, con barba rata, e pontificalmente vestito, e tutto d’un’aria bellissima. Guardatisi fisi vicedenvolmente l’un l’altro, incominciò Spiridione all’Infermo a dire: "Io son qui a guarirti da questo male, da cui sei tormentato, se tu mi da parola di farti cristiano, io ti sanerò il corpo, e l’anima altrimenti facendo tu morirai così, e presto sarai a penare nello Inferno per tutta l’eternità".

 Rispose Ismaello: "chi sei tu, e donde sei?". Io sono, replicò l’altro, Spiridione da Corfù vescovo cristiano, e vengo qua per sanarti, e farti Cristiano. Soggiunse Ismaello arditamente: "non voglio nò mutar legge, Turco son nato e Turco voglio morire"; e forte gridava pertanto, e raccomandavasi al suo Pseudoprofeta Maometto, cha da tale fantasma, ed importuna tentazione lo liberasse. Accorsero a’ gridi, e allo strepito dell’Infermo la moglie e le figlie, e la servitù, interrogandolo pur la moglie, che cosa mai egli avesse, che gridava come un matto. 

Disse Ismaello: "non vedete quel Caloiro o Pabbas, che sta qui appresso di me, e come lo avete senza mia permissione e senza passarmene alcuna imbasciata, lasciato entrare qua dentro?". "Taci – rispose la moglie – taci, che qua non è entrato veruno, e qui non è Caloiro, ne altri, abbi pazienza nel tuo male finché a Dio piacerà". Ismaello tacque, e procurava di sfuggire la vita del Santo, serrando gli occhi, e coprendosi con un velo, e voltandosi al meglio dall’altra parte; ma tutto procurava indarno, che quantunque serrasse gli occhi, e gli coprisse, quantunque altrove si rivolgesse pur si vedeva innanzi il gran Santo. Così più volte il giorno comparivegli, e sempre più grazioso, e più bello nel venerabile aspetto per ben quattro giorni, nell’ultimo de’ quali s’ammollì [pag. 3], e s’arrendè Ismaelllo al Santo dicendo: "Orsù vengo veramente, che tu mi vuoi bene, e che sei galantuomo, già mi sono risoluto di farmi Cristiano, ma con patto, che tu mi risani da questo male, e m’insegni il modo a poter farmi cristiano con sicurezza, mentre sono qua governatore turco, che sarà di me facendomi ora Cristiano?". 

Rispose il Santo, anderai a Corfù, e là farai quel che ti diranno, e non pensare a cosa veruna, che io ti assisterò, e farò che nulla ti manchi in questa vita. Ismaello replicò: "sanami, e dammi un poco di tempo, che possa andar via senza che nessuno se ne accorga, che ti prometto di farmi cristiano assolutamente". Fu allora l’infermo segnato alla mano del santo con riceverne la benedizione nella parte offesa, e come se non avesse avuto mai alcun male, si levò in un istante agile, e de tutto sano, e libero, dimodoché si accese egli di tanto fervore verso la fede cristiana, che ad altro non pensava, fuorché a sottrarsi dalla Turchia, e condursi alla Cristianità. Per non darsi a conoscere, mostravasi delle cerimonie turchesche osservante, e fin dentro le moschee portavasi a fare orazione a Maometto, ma fintamente per nascondersi agli occhi del pubblico. Stando le cose in tal forma, passarono alcuni mesi, sebbene di tratto in tratto era Ismaelo visitato dal Santo, che gli dicea, ricordati della promessa, e rispondeva l’altro sovente, già son Cristiano, e voglio morir cristiano, dammi un poco di tempo, che andrò a Corfù. Risoluto finalmente un giorno chiama un suo amico lasciandolo suo sostituto nel Governo, dicendogli di volere andare a una città lontana da Corinto tre giornate chiamata Avostizia, ove dimorava Aziz Afandi uomo Turco, e venerando tenuto per tutte quelle contrade, chiamato volgarmente Santone, ivi con esso lui voler fare orazioni, e rendere le dovute grazie pella ricuperata salute. Con simile ingegnoso pretesto ascose i suoi disegni anch’alla moglie, e comandanto avendo a un suo schiavo moro, che lo seguitasse, montarono ambedue a cavallo e s’incamminarono verso Avostiza. E non lungi era andato, che si vide innanzi sulla strada l’adorato suo liberatore, pella riverenza del quale caddegli la pipa in terra, e fattasela raccorere dallo schiavo, proseguiva il viaggio, e il Santo smpre a piedi egualmente camminando con dolci [pag. 4] parole confortava il suo caro Ismaello, tira pure innanzi, non dubitare, Io sarò sempre teco, ma t’avvertisco a non andare a quel falso uomo Santone, e Mago Aziz Afandi. Lo schiavo, che sentiva ragionare interrogò il padrone con chi ragionasse, imperciocché non vedea alcun altro fuor di loro due. Discorro fra me stesso, rispose il Padrone, che t’importa? Giunsero dopo tre giorni presso ad Avostiza, ma l’accordo padrone proseguiva i lcammino verso Patrasso una giornata ancora più lontano. Disse pertanto lo schiavo al padrone, signore di qua si va ad Avostiza, guardi la porta della città, V.S. Falla il cammino, questa via, che intraprende, conduce a Patrasso. Voglio, rispose il Padrone, prima portarmi a Patrasso per alcuni mie affari, e celebrare ivi il Bairam (Pasqua de Turchi) con un mio amico, e vedere la fiera, e poi torneremo a Avotiza, indi a casa. In Patrasso andò ad alloggiare in casa d’un suo amico Agà di quel luogo, essendo stato dal medesimo levato dall’Osteria, ove era andato addirittura a smontare. Dopo due giorni chiamò lo schiavo, e consegnatogli un fagottino e una lettera, gli comandò che ritornasse a casa co’ suoi cavalli, e che stesse pronto ad ogni avviso, che gli avrebbe mandato per ricondurre i Cavalli per ritornare ad Avostiza, e finalmente a casa, cosa che avrebbe fra otto, o dieci dì. Distrigatosi dall’impaccio di quello schiavo, mentre una mattina er per fare orazione alla moschea fingendo d’esser musulmano turco vero, essendo interiormente vero cristiano, appena avea posto piede entro la Soglia della profana moschea, che videsi accanto il suo benefattore Spiridione. Alla maestosa inaspettata comparsa si spaventò e s’afflisse temendo non si avvedessero gli altri della presenza dell’inclito personaggio, benchè a tutti era invisibile, come fu sempre e in Corinto, e altrove, e solamente visibile a Ismaello, a cui disse, che tempo era ormai di far partenza, e d’uscirsene fuori dalla moschea. Uscì subitamente Ismaello, e non fu troppo osservato, dandosi spesse fiate il caso, che i turchi dalle moschee si partino, e ritornino andando fuori a lavarsi ne’ lavacri superstiziosamente disposti davanti a qualunque moschea. Era l’ora opportuna, e in porto la barca pronta, col padron della quale avea [pag. 5] [...]

[PRINT] Biblioteca Vallicelliana, Sala Borr. , Q V 226 (44) , , 1733

Year

1733

About the converted

Converted people: 1

Gender: m

Governatore e comandante di Corinto

From Costantinopoli e Corinto

Previously named Ismail Bascià Serdar Agà

Named Antonio Spiridione after the conversion

Cult(s) before the conversion:

The conversion

Year: 1733

Specific devotion(s):

Mentioned names and figures:

Mentioned saints:

Mentioned places:

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