Giovanni Pietro della Madre di Dio, Vicario Provinciale della missione delli Carmelitani Scalzi.

La Santa Obedienza mi comanda alla Sacra Congregatione una relazione di quello che Dio per infinita misericordia ha operato doppo il mio ritorno in Levante, perciò scrivo a Vostra Eccellenza per darle un picciolo raguaglio di tutto quello che è passato il più brevemente che mi sarà possibile.

Il mese di ottobre 1667 arrivai da Malta in Saida in compagnia del nostro Padre Visitatore Generale, quale va nella Persia et India. Io credevo d’andare in Aleppo, ma la providenza divina mi condusse al S. Monte Carmelo dove sono nostri religiosi per conservare la memoria dell’origine della nostra Santa Religione, quali fanno una vita in qualche maniera più austera che nelli nostri deserti in Christianità. Et sono restato con loro il spazio di cinque mesi per la necessità urgente del Convento.

In quel tempo andai quaranta miglia lontano dallo Prencipe Noufel principe arrabo sotto la cui protettione sta il convento, perché alcuni arabi insolenti molestavano i religiosi. Essendo arrivato nelli suoi padiglioni, dove restai tre giorni, il principe mi mandò il suo luogotenente, et hebbe gusto di trovare un religioso che parlasse la sua lingua, senza servirsi di interprete secolare, e c’invitò a mangiare con lui, poi dappoi il mangiare fece ritirare la sua gente e restò solo col suo luogotenente, et io col P. Fra Gioacchino, all’hora fecce molte domande sopra i principali ponti della fede cattolicha delli quali restò sodisfatto, ma la difficoltà fu di sapere se Mahometto sia profeta.

Io li risposi che noi non lo conosciamo in maniera alcuna per profeta, perché un huomo prudente come il principe non deve credere ad una persona la quale sola rende testimonio di se stessa, altrimenti sarebbe bisogno di credere tutti li pazzi quando raccontano i sogni che hanno visto [f. 217r] la notte. Quanto a Mahometto, niuno profeta nella sacra Scrittura tanto del Nuovo come Vecchio Testamento ne recha alcun testimonio, et Iddio Benedetto mai l’ha autorizzato con alcun vero miracolo, come fece a Mosè,, ma Mahometto solo rende testimonio di sé, e dice che l’Angelo Gabriele l’ha parlato dalla parte di Dio, che se dicono esser miracolo che si sia fatto gran re, e per conseguenza che Dio l’ha autorizzato per sua profeta, io dico che Tamberlano che di pastore si fece prestantissimo imperatore, era più grande profeta, et Alessandro Magno, che conquistò il mondo tutto era grande amico di Dio, ciò che implicava con loro idolatria. A queste parole il Principe si pose a ridere, e rivoltandosi al suo luogotenente disse: rimettiamo la partita ad un altro tempo perché l’argomento preme etc.

Il secondo giorno ci fece gran cortesia e promesse di difendere e proteggere i religiosi, et in effetti mandò ordine a tutti i villaggi sotto pena della vita di non inquietare i religiosi e lasciarli caminare liberamente e poi ci diede molti privilegi in scriptis et il terzo giorno ci rimando al convento e per dare timore alli villani ci fece accompagnare dal suo luogotenente.

Qualche tempo dopo mandò tre principali della legge per mostrar che Christo havea parlato nell’Evangelio di Mahometto, in quanto havea detto che mandarebbe il Paraclito, il quale insegnerebbe di nuovo i suoi discepoli. Io risposi che Christo promesse di mandare il Paraclito il quale insegnerebbe quello che [spazio bianco] da lui, e non una legge contraria all’Evangelio come ha fatto Mahometto, e che il Paraclito calò in lingua di fuocho sopra i discepoli cinquanta giorni doppo la sua ascensione. Sentita questa risposta tornarono indietro i tre dottori.

[f. 218r] Due mesi dopo, cioè il giorno di San Silvestro, la principessa sua moglie venne al nostro convento con tutta la corte arabesca e portò il suo piccolo figliuolo ammalato nella Chiesa, acciò che per l’intercessione di S. Elia ricuperasse la sanità, poi doppo visitato il Convento volse mangiare con le sue damigelle una insalata del giardino del nostro convento, e ciò per la grande stima che faceano de religiosi, e poi di nuovo raccomandò il suo figliuolo all’orazioni dei religiosi e si ritirò.

In quel tempo seppero alcuni christiani maroniti che habitano nel monte Saron, che vi era un religioso sacerdote che sapeva parlare arrabo, mi mandarono a cercare e pregare di andare al loro villaggio per passare le feste di Natale perché non haveano sacerdoti, subito mi offersi con grande allegrezza e bisogna sapere che saranno da settanta famiglie maronite in quel monte Saron, che sono fuggite dal Monte Libano e Tripoli per le grandi tirannie de Governatori, e le rovine sono state grandi che si vedano molte terre abbandonate, campagne deserte, e sempre più vanno augmentandosi le miserie, e mentre che stavo al S. Monte Carmelo il Bascià di Saida abbrugiò cinque villaggi dalla parte di Paphet(?) et seminò orzo al luogo loro. Il sudetto Bascià doppo quello hebbe qualche querela con gli arabi, e minacciò di venire con cento soldati che teneva a saccheggiare il villaggio di Kaifa sotto il nostro convento del S. Monte Carmelo.

Tutta la gente di Kaifa, intesa che hebbe la nuova fuggì nella montagna. I christiani, cioè sadeci, famiglie dei Greci e de Maroniti s’alloggiarono nella nostra grotta et i turchi sopra noi nella terra e convento rovinati et restarono [f. 218v] trenta giorni così, cioè tutto il tempo che restò il Bascià in San Giovanni D’Achri.

In quel tempo diedi libertà tanto alli turchi come christiani di servirsi del nostro molino e forno, e con quello picciolo servitio si è talmente guadagnato l’affetto del popolo, che li greci adesso confessano che la religione romana è buona et il loro prete confessò publicamente che il Papa di Roma era vero capo della Chiesa, e per dare credito alle nostre cerimonie venne in nostra capella, e con la sua gente sentì la nostra messa, onde in fine si spera la salute di quei greci, e già una famiglia tutta si è convertita alla fede cattolicha.

Passati trentadue giorni il Bascià senza far niente si ritornò in Saida, e tutta la gente calò dalla montagna e se ne tornò a Kaifa. Essendo tutti ritornati in Kaifa, il giorno seguente tutti i christiani e turchi per ricrearsi la sera si radunarono nella piazza, all’hora un turco principale chiamato Abu Mazai parente del Sciach si alzò e disse queste parole parlando a greci: voi altri greci andate tutti al diavolo, e gl’hebrei peggio, e poi rivoltandosi alli turchi disse: e noi altri turchi andiamo tutti vestiti sotto li piedi di Satanasso […]. Si parla tanto male delli franchi ma v’assicuro che il Paradiso è solo per loro. Vi ricordate quando stavamo nella Montagna, e che alla mezzanotte ci levavamo per sentire salmodiare quelli buoni religiosi al tocco della loro campana, e restavano le due ore con tutta modestia. Dio benedica il loro gran Papa che gli ha mandati. Io credo che per l’amor di loro Dio c’ha conservato le nostre case, perchè non havevamo da resistere al Bascià [f. 219r] di Saida, il quale era tanto superbo e si vantava d’abbrugiare tutto con li cento soldati a cavallo, mentre che gl’arabi s’erano ritirati lontano. Tutti risposero che era vero, questa pocha carità c’ha guadagnato talmente l’affetto, che li turchi havendo i loro figliuoli malati li fecero pregare sopra le loro teste havendo confidenza in noi e si spera un giorno di poter fare qualche cosa almeno di battezzare i figliuoli moribondi.

Essendo restato cinque mesi in detto S. Monte partii per Saida, e di là in Tripoli, quando fui arrivato in Barut trovai una lettera con quale mi pregavano d’andare in Kasroan per battezzare la madre del principe de Drusi secondo, che al mio arrivo di Christianità s’era meco battezzato. E bisogna sapere che nel Paese di Kasroan vi è un monastero di religiose al numero di venticinque, che sono gran serve di Dio, si levano alla mezza notte per salmodiare, sono amatrici dell’orazione, fanno gran penitenza, non bevono vino, e si levano dalla bocca per far la carità alli poveri passeggeri. La madre del principe qualche volta, quando il suo figliuolo il Principe va in Kasroan o in Gali, visita la detta religione et il loro modi di vivere li ha tanto piaciuto che con la pura misericordia di Dio mossa e spinta desidera di essere christiana, e s’è fatta insegnare i principali misterij della fede cattolica da una religiosa sua partiale e vuole essere battezzata. E mi fu comunicato il negotio molto tempo innanzi, e come si seppe che andavo in Tripoli mi fu ordinato di andare in Kasroan, dove andai, et alloggiai all’hospitio delli preti che hannno cura delle sudette religiose; il giorno seguente le monache domandarono licenza al loro pastore di confessarsi da me, come feci, e trovai che erano gran serve di Dio molto bene allevate, molte della quali sono state penitenti del nostro Padre Celestino di Santa Liduina, poi dissi la messa e le comunicai.

Doppo mi fu detto in secreto che la principessa madre era col suo figliuolo lontana due giornate, e che era bisogno di tornare doppo due o quattro mesi, e parlai con la religiosa che tiene il secreto e restassimo d’accordo che al capo di quattro o cinque mesi che il suo figliuolo calerebbe dal suo paese e venirebbe al paese di Gasir, e passando per il Kasroan, la sua madre cioè la principessa si fingerebbe ammalata, et io come medico andarei a visitarla e così con più facilità e meno sospetto la battezzarei, e si vede che Iddio vuole salvare quella principessa e fare qualche gran cosa, perché il Sciach Abunofal che Sua Santità Alessandro Settimo ha fatto cavagliere romano, mi fece andare alla sua terra, e mi disse che era risoluto di mandarmi un espresso in monte Carmelo, perché il suo primogenito chiamato Sciach Abu Kansar, che è stato altre volte governatore del monte Libano desidera di farci un monastero in Kasroan e per questo scrive una lettera al nostro R. Padre Generale, e mi mandò a vedere il luogo, e per non fare niente da me stesso andai a pigliare il Padre Vicario nostro di Tripoli e visitassimo il luogo quale attualmente fabricano, e trovassimo il luogo a proposito con subordinatione [f. 220r] al R. Padre Nostro Generale aspettando la sua licenza.

In questa seconda visita andassimo in alcuni luoghi e villaggi che non hanno potere di haver sacerdote, celebrassimo la messa col predicare alla fine di essa. Molti di loro si confessarono generalmente.

In quel tempo fecci il medico in casa del Signor Schach Abunofal, feci il spirito dal sale, il tutto con intentione che passi per vero medico, e possi salvare quella principessa.

Dal Kasroan me n’andai a monte Libano che sta due giornate lontane e lo trovai tutto rovinato et i villaggi abbandonati, et adesso in tutto il Monte Libano tra huomini e donne non saranno trecento anime maronite essendo gl’altri fuggiti per le grandi tirannie. […]

Essendo arrivato in Tripoli ho trovato che il detto Girolamo Vicario della nostra residenza che haveva ben operato nella vigna del Signore, perché ha agiudato due schiavi a ritornare al loro paese, e due rinegati ad entrare di nuovo al grembo della Santa Madre Chiesa, e particolarmente il Capellano di un corsaro il quale per miseria di fame, e grandi patimenti [f. 220v] calò in terra con quattro soldati e con loro si fece turco.

Qui in Aleppo sono arrivato dove ho trovato molti nuovi convertiti alla fede cattolica delli quali un’altra volta darà più pieno raguaglio alle Eccellenze Vostre.

Aleppo, 20 Giunio 1668

[MS] Archivio della Congregazione di Propaganda Fide, SOCG, 240, Aleppo , 217r-220v

Author

Giovanni Pietro della Madre di Dio, Vicario Provinciale dei Carmelitani Scalzi

Year

1667

About the converted

Converted people: 1

Gender: f

Principessa

From Libano

Cult(s) before the conversion:

The conversion

The conversion took place in Libano

Year: 1668

Mentioned names and figures:

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